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COMUNITÀ ENERGETICHE

COMUNITÀ ENERGETICHE

Comunità energetiche rinnovabili: la transizione energetica fatta dai cittadini e dalle imprese


Le comunità energetiche rinnovabili (CER) sono uno strumento importante nel processo di transizione energetica, in quanto coinvolgono attivamente cittadini ed imprese, che sono chiamati a prendere parte al cambiamento del sistema elettrico.


Il concetto di CER è stato sviluppato a livello europeo già dagli anni ’80, ma con l’esplosione delle fonti di energia rinnovabile (FER) degli ultimi decenni, ha riscoperto un ruolo centrale nel processo di transizione del sistema energetico.

L’obiettivo di una CER è responsabilizzare il cittadino e renderlo parte della modernizzazione del sistema elettrico.


All’interno di una comunità energetica, tutti i partecipanti possono produrre, consumare e scambiare energia rinnovabile per mezzo della rete elettrica di distribuzione, favorendo la diffusione delle fonti rinnovabili, con benefici economici, sociali e ambientali.


Comunità energetiche: il quadro normativo


Le CER sono definite dalla direttiva europea 2018/2001, anche denominata Renewables Energy Directive 2 (RED II). In Italia, le linee guida della RED II sono state attuate con il decreto-legge del 30 dicembre 2019 n.162, c.d. “Milleproroghe”.


Secondo le normative, una CER è un insieme di privati cittadini, piccole e medie imprese, enti pubblici o privati, incluse autorità territoriali, amministrazioni comunali e in generale enti del terzo settore, che condividono l’energia rinnovabile prodotta da un impianto di proprietà o nella disponibilità di uno o più membri della CER.

La legge definisce la comunità energetica come un’entità senza scopo di lucro, i cui partecipanti, anche nel caso di aziende, non devo avere il settore energetico come principale fonte di guadagno o reddito.


Tutti i partecipanti di una CER devono essere connessi alla medesima cabina primaria di distribuzione, cioè una cabina che converte l’energia elettrica dall’alta tensione (maggiore di 150 kV) alla media tensione (20 kV). In Italia ci sono circa 2000 cabine primarie, ed è possibile verificare a quale cabina si è connessi tramite il sito del GSE.


Le CER possono avere impianti con potenza massima di 1 MW, e devono essere solitamente di nuova costruzione, anche se è ammessa la presenza di impianti già esistenti ma entrati in funzione dopo il 16 dicembre 2021.


Come si crea una CER?


Una CER si forma sottoscrivendo un accordo tra tutti i partecipanti, i quali danno vita ad una forma di associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, o organizzazione senza scopo di lucro etc.

La CER deve avere una propria autonomia giuridica e deve essere dotata di statuto e atto costitutivo.


Ogni partecipante alla CER mantiene i propri diritti di cliente finale, quindi può proseguire con il proprio contratto di fornitura dell’energia elettrica o cambiare liberamente il proprio fornitore. Tutti i partecipanti, sia consumatori sia produttori, hanno facoltà di entrare nella CER anche dopo la sua costituzione e possono uscirne in qualsiasi momento.


Dal punto di vista tecnico, per realizzare un CER bisogna individuare l’area geografica dove costruire l’impianto rinnovabile ed installare tutti i componenti e gli strumenti necessari al suo funzionamento ed alla misurazione dell’energia prodotta e consumata.


Come funzionano le comunità energetiche?


All’interno della CER possono esserci tre tipologie di utenti: i produttori, i consumatori ed i prosumers, cioè utenti che possono sia produrre che consumare energia.

Il funzionamento delle CER si basa sul concetto di autoconsumo di energia, sia “reale” sia “virtuale”.


Nel caso di autoconsumo “reale”, ad esempio, un partecipante può installare un impianto fotovoltaico ed utilizzare parte dell’energia prodotta per alimentare direttamente i propri elettrodomestici, cedendo alla rete quella in eccesso.


Nell’autoconsumo “virtuale”, l’utente produttore cede l’energia ad un altro partecipante della CER, tramite la rete di distribuzione nazionale già esistente.

Questo autoconsumo viene definito “virtuale” poiché l’energia scambiata tra i due utenti della CER fluisce tramite la rete di distribuzione nazionale e non si può quindi avere la certezza che l’energia prodotta da un partecipante sia la stessa consumata dall’altro. 

Tuttavia, è sufficiente misurare l’energia prodotta e quella consumata in tutti i partecipanti per dimostrare che la CER, nel suo complesso, ha auto-consumato l’energia prodotta.


I benefici economici, sociali e ambientali: qualche specifica in più


Per i partecipanti produttori di energia, il primo beneficio economico deriva dall’autoconsumo “reale”: l’utilizzo dell’energia prodotta dal un impianto rinnovabile evita di doverla acquistare dalla rete.

Inoltre, quando l’energia prodotta è in eccesso, può essere venduta alla rete nazionale.


Per tutti i partecipanti della CER, i benefici economici sono legati agli incentivi pubblici per l’autoconsumo virtuale dell’energia prodotta FER.

Lo stato italiano ha messo a disposizione dei fondi del PNRR con cui remunerare l’autoconsumo delle CER tramite una quota fissa e una variabile.

La quota fissa va da 60 a 80 €/MWh in base alla taglia degli impianti, mentre la quota variabile dipende dal prezzo dell’energia sul mercato, e va 0 a 40 €/MWh.


Ad esempio, una CER con un impianto rinnovabile con potenza nominale minore di 200 kW, può ricevere un incentivo fisso di 80 €/MWh, più un massimo di 40 €/MWh di quota variabile.

La legge prevede un ulteriore contributo per le regioni del centro e nord Italia, che per ragioni climatiche hanno produzioni di energia fotovoltaica mediamente inferiori rispetto alle regioni del sud. Il contributo, che si aggiunge alla componente variabile, è di +10 €/MWh per le regioni del nord (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto), e di +4 €/MWh per le regioni del centro (Lazio, Marche, Toscana, Umbria, Abruzzo).


Inoltre, per gli utenti residenti in comuni con meno di 5000 abitanti, esiste un contributo in conto capitale per la realizzazione degli impianti di produzione, che copre il 40% della spesa. Il contributo varia da un minimo di 1050 €/kW per impianti con potenza superiore ai 600 kW, ad un massimo di 1500 €/kW per impianti con potenza inferiore ai 200 kW.


Dal punto di vista ambientale, le CER permetteranno la diffusione delle fonti rinnovabili e quindi la riduzione delle emissioni di CO2 dovute alla produzione di energia da fonti fossili.

Secondo gli studi, una famiglia media potrebbe ridurre le proprie emissioni di CO2 di 1,6 milioni di tonnellate annue, utilizzando un impianto rinnovabile, come il fotovoltaico.


Infine, i benefici sociali sono legati al coinvolgimento dei cittadini e delle imprese nel processo di cambiamento.

Ogni partecipante ad una CER è chiamato a collaborare con in propri vicini e soci, creando o rafforzando il senso di comunità e di interesse ambientale condiviso.


professionisti.

Marzulli Fabrizio

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